BAMBINI: TROPPO DIGITALI TROPPO PRESTO
Elaborate da pediatri, psicologi ed esperti, le nuove raccomandazioni, frutto della nuova revisione della letteratura, delineano un percorso educativo condiviso per famiglie, scuole e professionisti, per accompagnare bambini e adolescenti verso un uso equilibrato e rispettoso dei tempi di sviluppo.
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Evitare l’accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni per i rischi legati all’esposizione a contenuti inappropriati;
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Rinviare l’introduzione dello smartphone personale almeno fino ai 13 anni per prevenire conseguenze sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale;
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Ritardare il più possibile l’uso dei social media, anche se consentiti per legge;
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Evitare l’uso dei dispositivi durante i pasti e prima di andare a dormire;
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Incentivare attività all’aperto, sport, lettura e gioco creativo;
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Mantenere supervisione, dialogo e strumenti di controllo costanti in tutte le fasce d’età.
Il cervello dei ragazzi ha bisogno di tempo, non di schermi. Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, per muoversi, per giocare e per dormire. La presenza e l’esempio degli adulti restano la prima forma di prevenzione digitale. Ogni ora passata davanti a uno schermo è un’ora sottratta al gioco, allo sport, alla creatività. Non serve demonizzare la tecnologia, ma insegnare a usarla con misura e consapevolezza. Più esperienze reali, meno digitale non supervisionato: è questa la vera sfida educativa di oggi.
I rischi secondo la letteratura. La revisione Sip conferma che l’eccesso di tempo davanti agli schermi influisce su più aspetti della salute: obesità e rischio cardiovascolare, sviluppo cognitivo, sonno, salute mentale, dipendenze digitali, vista, cyberbullismo e sessualità online.
Proteggere corpo e mente, favorire esperienze reali Le raccomandazioni Sip si rifanno ai principi guida della Sip: posticipare l’esposizione digitale, proteggere corpo e mente, promuovere esperienze reali e preservare la centralità dell’adulto: “La tecnologia è uno strumento straordinario, ma deve entrare nella vita dei ragazzi al momento giusto, quando hanno la maturità per gestirla. Accompagnarli in questo percorso è una responsabilità condivisa tra famiglie, scuola e pediatri”.
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